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In che cosa consiste, in sé e per sé, l'orientamento proprio dell'introversione in rapporto ai due mondi? Jung lo ha definito con sufficiente precisione: la riflessività, intesa in senso lato come piacere di comunicare con la propria mente e di recepire il mondo esterno attraverso le sue rifrazioni soggettive. Il mondo interno, nei suoi aspetti consci e ancora più in quelli inconsci, è il mondo dell'emozione, della fantasia, dell'immaginazione, del pensiero intuitivo. La percezione di questo mondo, quasi sempre vivace nell'introverso, cattura la soggettività e opera come un filtro rispetto al mondo esterno. Un bambino introverso è facilmente identificabile: posto che non abbia ancora problemi, il suo sguardo è denso e penetrante, ma al tempo stesso non ha quella vivacità che è propria degli estroversi, catturati dagli stimoli esterni. C'è in esso una sfumatura di fissità che riconduce ad una modalità di rapporto "contemplativa".
L'orientamento introverso comporta, dunque, inevitabilmente un corredo emozionale più ricco e più vivace rispetto alla media. Questa ricchezza concerne anche tutte le funzioni psichiche intimamente correlate alle emozioni: la fantasia, l'immaginazione, l'intuizione. Il rapporto tra questo corredo e l'intelligenza in senso stretto, intesa come capacità astratta e operativa, non è costante. Si danno indubbiamente introversi iperdotati sotto il profilo intellettivo, ma se ne danno anche di normodotati. L'ipodotazione, invece, non è mai associata all'introversione, forse perché anche l'intelligenza astratta riconosce come sua matrice primaria l'emozionalità.
Tutto ciò giustifica il considerare l'introversione nel suo complesso come una condizione caratterizzata da potenzialità superiori alla norma. Ma, se questo è vero, com'è possibile che un introverso, in molteplici fasi dello sviluppo e per alcuni aspetti, appare solitamente inadeguato e in ritardo rispetto alla media?
Questo mistero, in ciò che esso ha di naturale, vale a dire non dipendente da interazioni negative con l'ambiente, si risolve tenendo conto di alcuni aspetti evolutivi dipendenti dalla ricchezza del corredo emozionale.
Un primo aspetto, di straordinaria importanza, concerne il fatto che tale corredo comporta una sensibilità sociale che si esprime originariamente in un'identificazione totale con le figure genitoriali e con il mondo adulto, che vengono idealizzati e sacralizzati. L'idealizzazione delle figure genitoriali e degli adulti è un momento proprio dello sviluppo psicologico di ogni bambino. Essa, però, negli introversi, si realizza con una tale intensità da rendere del tutto secondario il rapporto con i coetanei.
In quest'identificazione potente e persistente almeno sino all'adolescenza si può leggere l'espressione di una vocazione viscerale ad essere sul registro della perfezione, della grandezza, della consapevolezza - doti che vengono regolarmente attribuite ai grandi. E' come se il bambino introverso alienasse le sue potenzialità di sviluppo vedendole già realizzate dagli adulti. Di fatto, quest'alienazione, che può essere fonte di molteplici delusioni via via che si allenta, giustifica la tendenza a privilegiare il rapporto con gli adulti.
La conseguenza di quest'idealizzazione però può non essere positiva. Per un verso, essa infatti promuove un'accondiscendenza totale del bambino in rapporto ai desideri, consci e inconsci, degli adulti. Se questi lo investono di aspettative perfezionistiche, è inevitabile che il bambino introverso ne rimanga catturato e faccia ogni sforzo possibile per conformarsi ad esse. Questo meccanismo rappresenta la matrice di un modo di essere infantile caratterizzato da una precoce maturità comportamentale tale per cui, fin dall'età di 4-5 anni, il bambino introverso sembra un adulto in miniatura. Questa condizione, che gli permette di ricevere gratificazioni molteplici dagli adulti, a casa, nella cerchia dei parenti o degli amici di famiglia, a scuola, ecc., è la stessa che scava un solco rispetto ai coetanei, che sono più spontanei, meno controllati, meno ligi alle regole educative.
L'altro aspetto è legato al senso di giustizia, emozione innata che appare sempre precocemente spiccata negli introversi. Nel momento in cui essi si rapportano, per un verso, alle autorità, assolvendone le aspettative e rispettandone le regole, e, per un altro, agli altri con un'estrema sensibilità che vieta loro di arrecare dispiacere, ferire, aggredire, essi sono indotti a vivere questo come se fosse la cosa più naturale del mondo. In conseguenza di questo, essi si aspettano che gli altri si comportino allo stesso modo.
La delusione di quest'aspettativa, riguardi essa il mondo dei grandi o dei coetanei, determina spesso reazioni di rabbia interiore molto intense,un irrigidimento e una diffidenza nei confronti del mondo che, spesso, a livello inconscio, si mantiene anche in età adulta.
La precoce maturità comportamentale, riferita soprattutto alle aspettative del mondo adulto, e l'irrigidimento conseguente alla scoperta delle "ingiustizie" perpetrate dagli adulti e dai coetanei, determinano nel complesso un modo di essere "strano": sorprendentemente e eccessivamente maturo per un verso, riservato e chiuso per un altro.
La "chiusura" dell'introverso è l'aspetto comportamentale destinato ad incidere profondamente nella carriera sociale e nella definizione stessa di sé. Esso rappresenta la somma di due diversi fattori che vengono costantemente confusi. Per un verso, la chiusura fa capo ad una limitazione costituzionale delle capacità comunicative. L'introverso
dispone di un solo registro comunicativo congeniale, che è un registro profondo. Egli dunque riesce a sintonizzarsi solo laddove si dà un certo grado di affinità. La comunicazione quotidiana, che è fatta di luoghi comuni, di convenzioni, di discorsi fatui, di parole usate per scongiurare il silenzio lo imbarazza e lo mette a disagio.
dispone di un solo registro comunicativo congeniale, che è un registro profondo. Egli dunque riesce a sintonizzarsi solo laddove si dà un certo grado di affinità. La comunicazione quotidiana, che è fatta di luoghi comuni, di convenzioni, di discorsi fatui, di parole usate per scongiurare il silenzio lo imbarazza e lo mette a disagio.
Per un altro verso, la chiusura è da ricondurre al timore di rimanere ferito dagli altri. L'introverso, in nome della sua sensibilità, ha una tendenza naturale a preoccuparsi delle conseguenze dei suoi comportamenti a carico degli altri: è tendenzialmente scrupoloso. Interagire con un mondo nel quale le persone si comportano spontaneamente, spesso dicendo e facendo, senza rendersene conto, cose che dispiacciono, turbano o addirittura offendono gli altri, è un dramma. L'introverso si chiede come sia possibile una cosa del genere. Partendo dalla sua esperienza interiore, egli può giungere solo a pensare che gli altri siano rozzi e insensibili. Questa conclusione dà alla chiusura un carattere difensivo.
Purtroppo, dall'esterno, la chiusura dell'introverso non è mai colta nel suo autentico significato.
Più spesso viene scambiata per un modo di essere scostante, superbo, rifiutante, se non addirittura sprezzante. D'acchito, insomma, a livello sociale l'introverso risulta antipatico alla maggioranza delle persone, e viene trattato come tale. Egli si rende conto di questo, lo ritiene ingiusto, spesso si arrabbia. Ma, non essendo in grado di esprimere la rabbia o avendo timore di esprimerla per non offendere gli altri, la
cova dentro di sé. Questo significa che egli accentua le sue difese rispetto al mondo. S'instaura di conseguenza un circolo vizioso interattivo, per cui più l'introverso si chiude più egli riceve delle risposte sociali negative. La conseguenza di questo circolo vizioso è un senso doloroso di diversità e di estraneità rispetto al mondo, che convive spesso con una rabbia cieca contro tutto e contro tutti.
Naturalmente, la rabbia si produce più facilmente se, come capita spesso in fase evolutiva, l'introverso viene investito da giudizi negativi, attaccato verbalmente o addirittura fisicamente.
Più spesso viene scambiata per un modo di essere scostante, superbo, rifiutante, se non addirittura sprezzante. D'acchito, insomma, a livello sociale l'introverso risulta antipatico alla maggioranza delle persone, e viene trattato come tale. Egli si rende conto di questo, lo ritiene ingiusto, spesso si arrabbia. Ma, non essendo in grado di esprimere la rabbia o avendo timore di esprimerla per non offendere gli altri, la
cova dentro di sé. Questo significa che egli accentua le sue difese rispetto al mondo. S'instaura di conseguenza un circolo vizioso interattivo, per cui più l'introverso si chiude più egli riceve delle risposte sociali negative. La conseguenza di questo circolo vizioso è un senso doloroso di diversità e di estraneità rispetto al mondo, che convive spesso con una rabbia cieca contro tutto e contro tutti.
Naturalmente, la rabbia si produce più facilmente se, come capita spesso in fase evolutiva, l'introverso viene investito da giudizi negativi, attaccato verbalmente o addirittura fisicamente.
La percezione di una diversità radicale e la rabbia possono dare luogo a diverse carriere evolutive. Se la diversità rimane associata ad un sentimento di valore, essa può promuovere un isolamento sociale sotteso da un disprezzo consapevole e profondo nei confronti degli altri. Se essa viceversa mina il sentimento di valore personale, l'introverso può essere spinto a tentare di normalizzarsi, di agire cioè come se fosse estroverso. Date le sue qualità, egli può riuscire anche brillantemente in questa mimesi, ma il prezzo è un falso io, dietro il quale il giudizio nei confronti degli altri può rimanere implacabilmente denigratorio. Ovviamente, il falso io comporta anche una percezione negativa di sé, più o meno consapevole. Lo sviluppo peggiore però avviene allorché un introverso, oppresso dalla propria sensibilità, che lo induce ad essere scrupoloso e ad incolparsi per un nonnulla e ferito dagli estroversi, che agiscono spesso senza interrogarsi sulle loro conseguenze a carico degli altri, decide di risolvere il problema rimuovendo la propria sensibilità e dandosi una maschera di forza, di durezza e, al limite estremo, di cinismo. Anche in questo caso, l'introverso, mettendo a frutto le sue qualità, può ingannare, oltre che se stesso, anche gli altri. La rimozione della sensibilità estingue i sensi di colpa, che però si accumulano a livello inconscio, e, prima o poi, presentano il conto.
Luigi Anepeta è semplicemente un grande. Sto cercando di procurarmi i suoi libri, in biblioteca sembrano non esistere, e anche negli store online non sono facili da trovare...ma prima o poi saranno miei!
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