Oggi ho letto un po' di cose su quelle che vengono definite persone altamente sensibili...e come era successo anche in passato con i libri di Alice Miller, ho ritrovato una grande parte di me nelle descrizioni che vengono fatte e nei racconti di altre persone così sensibili...ho scoperto un altro codice di lettura per decifrarmi ulteriormente e quindi, si spera, per imparare ad auto-gestirmi e a stare bene con me stessa nel mondo che mi circonda e che non è per niente a misura di sensibilità.
In particolare mi hanno colpito alcuni passaggi che riporto, dagli articoli linkati poi sotto
"In inglese le due condizioni si definiscono: Highly sensitive persone HSP e Highly empathic temperament HET. La prima definizione si deve a Elaine Aron, la seconda a Jeffrey Young. Nel primo caso Elaine Aron cercava di delineare un soggetto che non rientrava perfettamente nelle categorie classiche di ritiro sociale: timidezza, ansia o fobia sociale, introversione, inibizione sociale. La definizione descrive un soggetto che analizza finemente i dati in ingresso, capace di cogliere dettagli per altri insignificanti, ma di rimanere però sopraffatto dall'eccesso emotivo associato a questa capacità. Nel secondo caso, Jeffrey Young non era soddisfatto completamente della definizione del tipo psicologico scoperto e ne proponeva un'altra, quella di temperamento estremamente empatico, una condizione in cui il soggetto è centrato più sugli altri che su se stesso. Analizzando brevemente le due descrizioni direi che presentano alcuni tratti comuni che possono rendere i soggetti HSP e HET molto vicini dal punto di vista psicologico, per la possibilità che suscettibilità ed empatia siano due caratteristiche continue, ovvero che abbiano molti aspetti condivisi. Alcune caratteristiche peculiari del soggetto HSP riguardano la sua necessità di essere sotto stimolato, a causa del processamento fine di ogni ingresso sensoriale e dell'estrema analisi cui sottopone ogni stimolo. La necessità di un ambiente non troppo stimolante è dunque legata all'eccesso di processamento, che genererebbe una sovraeccitazione.Quali sono le caratteristiche del soggetto empatico? Una capacità di comprensione e immedesimazione forte nei confronti degli altri, umani o animali che siano. Questa capacità di comprendere lo stato d'animo altrui e di esserne condizionato ovvero condividerlo, la possiamo associare alla grande capacità analitica del soggetto HSP? Anche in questo caso vi è un segnale che porta ad una risposta sovradimensionata rispetto alla norma. Nel caso del soggetto HSP, un piccolo gesto dell'altro può assumere un valore enorme, soprattutto in negativo. Questa capacità di associare una forte valenza emotiva agli atti dell'altro è tipica anche del soggetto HET (empatico), che si lascia coinvolgere dalle vicissitudini altrui. E' sempre un prendere in carico su di sè una quantità emotiva legata all'altro: nel caso della persona suscettibile o permalosa o sensibile (HSP) l'altro diventa tanto importante (anche se sconosciuto) da causare una vera e propria sofferenza emotiva; nel caso della persona empatica, l'altro diventa tanto importante da essere fonte di condivisione della sofferenza emotiva."
"la sensibilità è un dono, un dono raro; le persone che la possiedono, sono portatrici di un bene prezioso che non si acquisisce con lo studio, anche se lo si può affinare con l’esperienza: e, in questo senso, sono sempre esistite nel corso della storia e, forse, continueranno ad esistere, anche se alquanto ridotte di numero.
Tuttavia, mentre essa veniva apprezzata o, almeno, trovava spazio per manifestarsi in una società ancora a misura d’uomo, come era quella pre-industriale (pur con tutti i suoi limiti innegabili), si direbbe che, oggi, essa sia diventata superflua e che nessuno, o molti pochi, si dolgano della sua progressiva scomparsa, come il mondo potesse benissimo farne a meno.
Le virtù dell’animo che oggi vengono maggiormente apprezzate e lodate sono l’intelligenza pratica (anche se disgiunta da una valutazione complessiva dei problemi), la determinazione nel perseguire i propri obiettivi (senza farsi troppi scrupoli), la sicurezza di sé (indipendentemente dall’esatta valutazione del proprio valore), la flessibilità mentale (spinta fino ad accettare i peggiori compromessi), la disinvoltura in qualsiasi circostanza (fino alle forme più discutibili di esibizionismo e narcisismo).
La sensibilità è fra le doti non indispensabili. Che cosa se ne farebbe il cittadino del terzo millennio, tutto proteso a conquistarsi il proprio spazio sociale, a ritagliarsi la propria fettina di visibilità, di successo (anche economico), di gratificazione esteriore? In un mondo che si disinteressa di fini e di valori, ma che punta quasi esclusivamente alla soluzione di problemi pratici, a che cosa può servire la sensibilità, una dote non spendibile in termini quantitativi?
Si dimentica che la sensibilità è alla base sia della creazione artistica, sia dell’intuizione dei grandi problemi scientifici; e, soprattutto, che costituisce un fattore indispensabile per l’armoniosa convivenza degli individui all’interno della società: perché, una volta spogliato di essa, qualunque gruppo umano finisce per generare continuamente attriti e tensioni che, una volta instaurati, è difficilissimo controllare e disinnescare.
La sensibilità è quella dote che spinge l’amico a farsi avanti non appena intuisce l’esistenza di una difficoltà, prima che si trovi il coraggio di chiamarlo; che risolve amichevolmente i malintesi, prima che degenerino in astiosi e prolungati rancori; che mette gli altri a proprio agio, nelle situazioni in cui si sentono esposti e indifesi; che scioglie in un sorriso tensioni vecchie e nuove, portando una nota gentile di freschezza e leggerezza; che apre gli occhi avanti allo spettacolo incantevole del mondo e sa renderne partecipi anche i cuori più distratti.
La sensibilità è la mano soave di una donna che orna con un vaso di fiori una stanza nuda e spoglia, portandovi una nota di colore e di calore.
La sensibilità è, anche, la parola giusta pronunciata al momento giusto, così come il silenzio affettuoso e partecipe, quando non vi sono parole adeguate alla situazione.
La sensibilità è saper godere delle piccole cose, delle piccole gioie, e trasmetterne il segreto anche agli altri, addolcendone le asprezze e medicandone le ferite.
La sensibilità è l’atteggiamento di delicatezza e di profondo rispetto con cui l’io si rapporta al tu, vedendo sempre in esso un soggetto di pari dignità e mai un semplice mezzo.
Labpersona dotata di sensibilità possiede una ricchezza in più, che la mette in grado di cogliere aspetti del reale i quali sfuggono ad altri, alimentando così incessantemente la propria profonda umanità.
Al tempo stesso, è indubbio che la persona sensibile soffre più delle altre, perché si trova esposta a quegli strali che individui dalla pelle più spessa non avvertono neppure e perché vede con maggiore chiarezza la grande distanza che separa il reale dall’ideale.
Un bambino sensibile, ad esempio, soffrirà in modo più intenso e tormentoso della mancanza di affetto dei genitori, della cattiveria dei compagni o di una crudele malattia che ha colpito una persona a lui cara; tuttavia, anche le sue risorse sono in proporzione alla sua sensibilità, per cui difficilmente egli si troverà del tutto indifeso davanti ai colpi della vita.
Il fatto che la persona sensibile sia, per un certo aspetto, più esposta, non significa che la sensibilità sia un dono avvelenato per coloro che lo ricevono, perché le possibilità positive che essa conferisce superano immensamente gli svantaggi, al punto che non è nemmeno possibile istituire un raffronto tra questi e quelle.
Per quanto maggiormente esposta ad essere ferita da taluni circostanze della vita, la persona sensibile possiede, non di rado, una visione del reale così profonda e radicata, così matura e consapevole, da poter elaborare anche gli strumenti per riflettere sulla propria condizione e per apprestare nuove risposte alle sfide che le vengono incontro, spostandole, al tempo stesso, su di un livello sempre più alto e spirituale.
Nulla di quanto accade alla persona sensibile si perde nei rigagnoli e nella palude stagnante del tirare a campare; su tutto ella medita con profonda serietà, cercando in ogni cosa il significato riposto, l’occasione di una evoluzione e di una elevazione. È ricettiva nel miglior senso dell’espressione: tutto il suo essere è spalancato sul mistero della vita.
Ecco perché l’impressione di fragilità, che talvolta le persone sensibili possono dare ad uno sguardo un po’ superficiale, molte volte non corrisponde alla realtà dei fatti. È vero che, in certe situazioni, esse rimangono come disarmate, là dove altre persone non incontrano che lievi difficoltà o anche nessuna; ma è altrettanto vero che ciò vale specialmente per gli ostacoli di ordine inferiore, per quelli che coinvolgono l’essere solo superficialmente."
Le virtù dell’animo che oggi vengono maggiormente apprezzate e lodate sono l’intelligenza pratica (anche se disgiunta da una valutazione complessiva dei problemi), la determinazione nel perseguire i propri obiettivi (senza farsi troppi scrupoli), la sicurezza di sé (indipendentemente dall’esatta valutazione del proprio valore), la flessibilità mentale (spinta fino ad accettare i peggiori compromessi), la disinvoltura in qualsiasi circostanza (fino alle forme più discutibili di esibizionismo e narcisismo).
La sensibilità è fra le doti non indispensabili. Che cosa se ne farebbe il cittadino del terzo millennio, tutto proteso a conquistarsi il proprio spazio sociale, a ritagliarsi la propria fettina di visibilità, di successo (anche economico), di gratificazione esteriore? In un mondo che si disinteressa di fini e di valori, ma che punta quasi esclusivamente alla soluzione di problemi pratici, a che cosa può servire la sensibilità, una dote non spendibile in termini quantitativi?
Si dimentica che la sensibilità è alla base sia della creazione artistica, sia dell’intuizione dei grandi problemi scientifici; e, soprattutto, che costituisce un fattore indispensabile per l’armoniosa convivenza degli individui all’interno della società: perché, una volta spogliato di essa, qualunque gruppo umano finisce per generare continuamente attriti e tensioni che, una volta instaurati, è difficilissimo controllare e disinnescare.
La sensibilità è quella dote che spinge l’amico a farsi avanti non appena intuisce l’esistenza di una difficoltà, prima che si trovi il coraggio di chiamarlo; che risolve amichevolmente i malintesi, prima che degenerino in astiosi e prolungati rancori; che mette gli altri a proprio agio, nelle situazioni in cui si sentono esposti e indifesi; che scioglie in un sorriso tensioni vecchie e nuove, portando una nota gentile di freschezza e leggerezza; che apre gli occhi avanti allo spettacolo incantevole del mondo e sa renderne partecipi anche i cuori più distratti.
La sensibilità è la mano soave di una donna che orna con un vaso di fiori una stanza nuda e spoglia, portandovi una nota di colore e di calore.
La sensibilità è, anche, la parola giusta pronunciata al momento giusto, così come il silenzio affettuoso e partecipe, quando non vi sono parole adeguate alla situazione.
La sensibilità è saper godere delle piccole cose, delle piccole gioie, e trasmetterne il segreto anche agli altri, addolcendone le asprezze e medicandone le ferite.
La sensibilità è l’atteggiamento di delicatezza e di profondo rispetto con cui l’io si rapporta al tu, vedendo sempre in esso un soggetto di pari dignità e mai un semplice mezzo.
Labpersona dotata di sensibilità possiede una ricchezza in più, che la mette in grado di cogliere aspetti del reale i quali sfuggono ad altri, alimentando così incessantemente la propria profonda umanità.
Al tempo stesso, è indubbio che la persona sensibile soffre più delle altre, perché si trova esposta a quegli strali che individui dalla pelle più spessa non avvertono neppure e perché vede con maggiore chiarezza la grande distanza che separa il reale dall’ideale.
Un bambino sensibile, ad esempio, soffrirà in modo più intenso e tormentoso della mancanza di affetto dei genitori, della cattiveria dei compagni o di una crudele malattia che ha colpito una persona a lui cara; tuttavia, anche le sue risorse sono in proporzione alla sua sensibilità, per cui difficilmente egli si troverà del tutto indifeso davanti ai colpi della vita.
Il fatto che la persona sensibile sia, per un certo aspetto, più esposta, non significa che la sensibilità sia un dono avvelenato per coloro che lo ricevono, perché le possibilità positive che essa conferisce superano immensamente gli svantaggi, al punto che non è nemmeno possibile istituire un raffronto tra questi e quelle.
Per quanto maggiormente esposta ad essere ferita da taluni circostanze della vita, la persona sensibile possiede, non di rado, una visione del reale così profonda e radicata, così matura e consapevole, da poter elaborare anche gli strumenti per riflettere sulla propria condizione e per apprestare nuove risposte alle sfide che le vengono incontro, spostandole, al tempo stesso, su di un livello sempre più alto e spirituale.
Nulla di quanto accade alla persona sensibile si perde nei rigagnoli e nella palude stagnante del tirare a campare; su tutto ella medita con profonda serietà, cercando in ogni cosa il significato riposto, l’occasione di una evoluzione e di una elevazione. È ricettiva nel miglior senso dell’espressione: tutto il suo essere è spalancato sul mistero della vita.
Ecco perché l’impressione di fragilità, che talvolta le persone sensibili possono dare ad uno sguardo un po’ superficiale, molte volte non corrisponde alla realtà dei fatti. È vero che, in certe situazioni, esse rimangono come disarmate, là dove altre persone non incontrano che lievi difficoltà o anche nessuna; ma è altrettanto vero che ciò vale specialmente per gli ostacoli di ordine inferiore, per quelli che coinvolgono l’essere solo superficialmente."
- Le HSP (“highly sensitive people”) assorbono molte cose e segnali di cui gli altri difficilmente si accorgono. Per questa ragione si sentono facilmente stimolati, sia positivamente che negativamente. In genere tendono a pensare che sia così anche per gli altri, anche quando non è il caso.
- Una delle caratteristiche più di spicco delle HSP è la tendenza a voler aiutare il prossimo e fare del bene.
- Le prospettive che vedono gli HSP nei confronti delle persone secondo loro con bisogno di aiuto sono grandi e tante. Per questa ragione gli HSP possono sembrare impiccioni, visto che possono tendere a offrire il loro aiuto anche quando non è richiesto.
- Le HSP ci mettono poco a cogliere i legami tramite la loro intuizione e vengono comprese poco per questa ragione.
- Le HSP sono molto sensibili per gli stimoli esterni e mostrano spesso sintomi fisici che possono essere scambiati con paura o ansia: tremare, battito cardiaco accelerato, arrossire.
- Quando vengono controllate o giudicate, le persone HSP in genere non sono in grado di funzionare al 100%.
- In genere le HSP non sono particolarmente ferrate nel nozionismo, ma sono spesso portate per lo studio e in particolare lo studio delle lingue.
- Le HSP riconoscono la tendenza ad isolarsi.
- Le HSP riconoscono facilmente se un ambiente sia amichevole o ostile e vengono facilmente influenzate da ciò.
- Le HSP tendono ad avere una bassa autostima in conseguenza a rifiuti.
- Le HSP hanno una fervida immaginazione e fantasia, ed immaginano e si promettono spesso di intraprendere, ma l’intraprendenza in genere non è il loro lato più forte e spesso si trovano chiusi nelle loro idee.
- Le HSP in genere appaiono timide, nonostante siano molto socievoli.
- D’altro canto, le HSP sono molto attente agli sguardi altrui e si sentono facilmente giudicate.
- Le HSP sono brave a motivare ed ispirare gli altri. Spesso sono visionari e vedono cose che sono ancora agli inizi. Per questa ragione possono essere poco compresi ed isolarsi.
- Le HSP tendono a vedere ciò di cui il loro ambiente o gli altri hanno bisogno. Questo può portare ad essere frustrati in caso gli altri non lo vedano o la loro visione di realtà si distanzi troppo da quella altrui.
- L’alta sensibilità non prevale in un genere ed è una caratteristica presente sin dall’infanzia.
- Le HSP sono molto sensibili per dolori sia fisici che psichici propri ed altrui. Questo può portare ad ansia ed ipocondria.
- Le HSP in genere sono perfezioniste: quando decidono di fare qualcosa, la fanno bene. Non tollerano gli errori e sono particolarmente accurate.
- Fattori esterni disturbanti, come ostilità, un ambiente caotico o cose non dette riescono a buttare giù le HSP.
- Le HSP possono avere la sensazione di “svuotarsi” stando a contatto con gli altri.
- Le HSP hanno un desiderio maggiore del normale di essere accettate.
- Le HSP hanno difficoltà nel stabilire i propri limiti, e per questa ragione colgono stimoli anche molto lontani a loro sentendoli come propri.
- Stimoli esterni come luci, rumori, un ambiente affollato, disordinato, odori etc. possono portare a vera e propria stanchezza fisica.
- Le HSP sono ottimi ascoltatori in quanto sono ascoltatori del linguaggio non verbale molto attenti e percepiscono cambiamenti di voce con estrema facilità.
- Gli altri si trovano particolarmente a proprio agio a raccontare i propri problemi alle HSP, che in genere nel proprio gruppo di amici hanno il ruolo di ascoltatore, aiuto o risolvi-problemi.
- Le HSP tendono a procrastinare ed avere una vera e propria avversione per ciò che si “deve” fare, che li mette in agitazione.
- Gli avvenimenti sfortunati o non calcolati possono disorientare molto le HSP.
- Spesso le HSP non si rendono conto di quali siano i propri sentimenti e quali quelli altrui.
- Le HSP sono molto consapevoli delle proprie azioni, dei propri pensieri e delle proprie sensazioni, per cui spesso si alienano o stancano facilmente.
E poi c'è un commento lasciato all'ultimo articolo da cui ho tratto le frasi che ho copiato qui sopra, un commento che mi ha fatta piangere perchè descrive alla perfezione quello che vivo anch'io...
"E’ dura però recitare la parte di quello tranquillo e calmo, sorridere, essere cordiale, stringere mani, baciare persone 24/24, quando in realtà vorresti solo che tutti facessero silenzio e iniziassero a comportarsi onestamente, lealmente, coerentemente. Perchè quasi tutti quelli che conosci in un modo o nell’altro ti hanno fatto del male o ti hanno ferito senza nemmeno essersene accorti, senza che nessuno al mondo se ne sia accorto, come è giusto che sia. Perchè la gente normale non sta male per le idiozie per cui stai male tu. La gente normale non sta male per una parola, tantomeno per un gesto, figuriamoci per uno sguardo. La gente normale non riceve segnali dal movimento degli occhi del proprio interlocutore. Non ne analizza ogni parola per cercarvi l’inganno. La gente normale non ha un cazzo di radar sempre acceso con una lucetta rossa che lampeggia tutto il tempo a segnalare le bugie, i giudizi, l’ostilità e tutti gli altri mali, immaginari e non, che possano derivare dai normali rapporti interpersonali. Alla gente normale non si accelera il battito cardiaco quando entra in un bar per un caffè, o quando arriva davanti allo sportello alle poste.
Io non mi sono mai autocommiserato. Ho capito la situazione in cui ero verso i diciotto anni ed ho cominciato da subito ad accettarla e a conviverci. Ora ne ho quarantaquattro e ingoiare rospi facendo finta che mi piaccia è la mia specialità.
In tutti questi anni sono diventato molto bravo nell’arte della dissimulazione e inoltre riesco a controllare le crisi di pianto ed escandescenze varie abbastanza bene. Mi tengo lontano da determinate persone e ne prediligo altre che nel corso degli anni ho selezionato ed elette ad oasi sensoriali, nel senso che quando sono con loro il radar di cui sopra si spegne e le mie sinapsi si raffreddano un po’.
Non ho mai parlato a nessuno di questo perché avrei orrore di creare turbamento in qualcuno o perché probabilmente verrei frainteso o non capito affatto, e questo sarebbe anche peggio. E’ la prima volta che riesco ad esternare la mia condizione e anche se ora sto piangendo, e mi odio per questo, e magari mai nessuno leggerà questo sfogo, mi sento un po’ più forte di prima."
Io non mi sono mai autocommiserato. Ho capito la situazione in cui ero verso i diciotto anni ed ho cominciato da subito ad accettarla e a conviverci. Ora ne ho quarantaquattro e ingoiare rospi facendo finta che mi piaccia è la mia specialità.
In tutti questi anni sono diventato molto bravo nell’arte della dissimulazione e inoltre riesco a controllare le crisi di pianto ed escandescenze varie abbastanza bene. Mi tengo lontano da determinate persone e ne prediligo altre che nel corso degli anni ho selezionato ed elette ad oasi sensoriali, nel senso che quando sono con loro il radar di cui sopra si spegne e le mie sinapsi si raffreddano un po’.
Non ho mai parlato a nessuno di questo perché avrei orrore di creare turbamento in qualcuno o perché probabilmente verrei frainteso o non capito affatto, e questo sarebbe anche peggio. E’ la prima volta che riesco ad esternare la mia condizione e anche se ora sto piangendo, e mi odio per questo, e magari mai nessuno leggerà questo sfogo, mi sento un po’ più forte di prima."
Nessun commento:
Posta un commento