mercoledì 5 dicembre 2012

stanca

I miei giorni scorrono con continui alti e bassi. Il week end scorso è stato un "alto", adesso sto affrontando un "basso". 

Ogni giorno è una lotta. Per cercare di sorridere, per cercare di essere ottimista, per cercare di mantenere la serenità, per cercare di guardare avanti invece che indietro, per cercare di dare importanza alle cose che la meritano, per cercare di non scaricare sugli altri i miei sentimenti. Arrivo a sera emotivamente sfinita, con la consapevolezza che il giorno dopo bisognerà ricominciare lo stesso teatrino.Sono stanca, mentalmente ed emotivamente stanca, dovrei buttarmi nella mischia che c'è là fuori per ricominciare a costruire la mia esistenza ma non ce la faccio, non trovo energie e motivazioni.

E ogni tanto mi sento sola. Io che amo la solitudine, prendermi i miei spazi e i miei tempi e che non saprei stare senza una certa dose di momenti tutti per me, devo ammettere che in certi momenti sento il bisogno di avere qualcuno accanto, qualcuno che cammini per un po' al mio fianco magari incoraggiandomi e sostenendomi. Ma le persone a cui voler bene non si trovano al supermercato, e non so nemmeno se è giusto desiderare che qualcuno mi stia vicino sopportando e "portando" il mio fardello di tristezza, sofferenza, malinconia, delusioni e disillusioni.

Ma tengo duro e vado avanti. Non ho scelto io di nascere, nessuno mi ha chiesto se volevo venire al mondo, in questo mondo, in questo momento, con queste caratteristiche. Se me l'avessero chiesto avrei declinato l'offerta. Ma sono qui, non posso scappare, quindi tanto vale cercare di ricavare tutto il meglio possibile da questa esistenza. Dopotutto questo universo straripa di cose meravigliose, basta solo sapere dove e come cercarle.

martedì 20 marzo 2012

rivelazioni

Ho finito ieri di leggere un libro che mi ha aperto del tutto gli occhi. E' un libro che parla dell'enorme disagio che vivono i bambini che, dall'alto della loro estrema sensibilità, si adattano a desideri e richieste inespressi ma palesi dei loro genitori perchè pensano che sia l'unico modo che hanno per essere amati. Genitori che non meritano i figli che hanno e che li caricano di aspettative e compiti eccessivi per la loro età, senza peraltro fornire loro un porto emotivo in cui approdare. Genitori che non sono in grado di accogliere, capire, accettare, amare incondizionatamente i figli e così ne condizionano la crescita, la maturazione sentimentale ed emotiva, la vita nella sua interezza.

Perchè fin da piccolissima ero così buona, diligente, obbediente, tranquilla, silenziosa, coscienziosa, attenta, senza pretese e richieste, zero capricci, non creavo problemi di nessun tipo, non urlavo, non piangevo, non protestavo? Perchè nella mia mente sensibile avevo intuito che quello era l'unico modo per essere accettata e apprezzata - se così si può dire, perchè gli apprezzamenti non esistevano, il modo in cui mi comportavo era considerato l'unico possibile e accettabile - dai miei genitori, che qualsiasi altro comportamento non sarebbe stato tollerato. Se piangevo davo fastidio, se facevo rumore giocando disturbavo, se mi lamentavo o pretendevo qualcosa ero capriccosa...ben presto mi si è creata la convinzione che i miei genitori avrebbero potuto volermi bene solo se fossi stata la bambina che non dava problemi e noie di nessun tipo. Dovevo "dare l'esempio" ai miei fratelli, esempio che evidentemente i miei genitori non erano in grado di dare e allora toccava a me sopperire alla loro inadeguatezza. Tutto quello che facevo e dicevo era filtrato da questa cosa di dare l'esempio, non potevo "comportarmi male", non potevo fare niente che non fosse considerato giusto o perfetto. 
Non potevo permettermi di essere me stessa al 100% perchè essere me stessa al 100% avrebbe comportato anche esprimere rabbia, gelosia, invidia, tristezza, delusione, avrebbe comportato pianti, urla, "capricci", litigi, discussioni, disaccordo, avrebbe comportato atteggiamenti e sentimenti poco perfetti, poco esemplari. E così in breve tempo sono diventata la bambina-soprammobile perfetta, la figlia esemplare, quella da esporre come vanto di successo educativo: non pretende, è educata, non risponde male, aiuta i fratelli, non disturba, obbedisce sempre.
Il prezzo da pagare per tutto questo è stato la rinuncia della mia vera indentità, delle mie vere caratteristiche. Quando ero in compagnia di bambini vivaci, spigliati, "casinisti", allegri, nasceva in me una sorta di invidia nei loro confronti, nei confronti del loro modo di agire, del loro comportamento da bambini. Io non potevo comportarmi da bambina, dovevo essere una piccola adulta. I miei genitori non erano in grado di accogliermi come bambina...

E' palese da dove derivano tutti i problemi che ho ancora adesso, e non solo nell'ambito famigliare. Ho sempre paura di disturbare gli altri, di essere di troppo, ho paura di venire rifiutata se non rispecchio le aspettative degli altri, ho sempre la tendenza inconscia ad assecondare gli altri perchè nella mia infanzia era l'unico modo che conoscevo per essere amata e accettata, ho paura di esprimere tutti i miei sentimenti perchè alcuni il mio inconscio li considera ancora sentimenti disdicevoli da reprimere e nascondere. Dall'altro lato della medaglia, ora riesco a capire perchè spesso non riesco a sopportare le debolezze altrui: da bambina non venivano accettate le mie debolezze (che poi si trattava solo di normali comportamenti da bambina) e così sono cresciuta con la falsa convinzione che solo le persone dai comportamenti perfetti meritassero rispetto e amore, che le debolezze fossero un difetto enorme da evitare il più possibile.
Ed è per tutto questo che ancora adesso faccio fatica a "lasciarmi andare", a essere spontanea: da piccola non potevo assolutamente permettermi di lasciarmi andare ai miei desideri, alle mie pulsioni, ai miei sentimenti più intimi, non potevo essere spontanea, non potevo fare la bambina, dovevo comportarmi da piccola adulta saggia e seria.


Riporto alcuni stralci del libro:

-"[...]Gli adulti che da bambini non hanno goduto di un tale clima [un'atmosfera di considerazione e tolleranza verso i loro sentimenti] vivono in stato di carenza affettiva, il che significa che cercheranno per tutta la vita ciò che i loro genitori non hanno potuto dare loro al momento giusto, qualcuno che si interessi totalmente a loro, che li capisca fino in fondo e che li prenda sul serio." 

-"[...]A questo bisogno della madre o di entrambi i genitori corrispondeva una sorprendente capacità del bambino di percepirlo e di darvi risposta intuitivamente, dunque anche inconsciamente, di assumere cioè la funzione che gli veniva inconsciamente assegnata. In tal modo il bambino si assicurava l'amore dei genitori."

-"La capacità di adattamento viene sviluppata e perfezionata fino a trasformare questi bambini non solo in madri (confidenti, consolatori, consiglieri, sostegni) delle loro madri, ma anche in aiutanti che si assumono responsabilità dei fratelli più piccoli; essi sviluppano in definitiva una sensibilità tutta particolare per i segnali inconsci dei bisogni altrui."

-"Nella primissima infanzia, per conformarsi alle aspettative di chi si prende cura di lui, il bambino deve rimuovere il suo bisogno di amore, attenzione, sintonia, comprensione, partecipazione, rispecchiamento. Deve anche reprimere le sue reazioni emotive ai pesanti rifiuti che riceve, il che porta all'impossibilità di vivere determinati sentimenti (per esempio i sentimenti di gelosia, invidia, ira, abbandono, impotenza, paura)."

-"[...]Avevano sviluppato tutta un'arte per tenere lontani da sè i sentimenti: il bambino infatti può viverli solo se c'è una persona che con questi sentimenti lo accetta, lo comprende e lo asseconda. Sa manca tale condizione, se il bambino per vivere un sentimento deve rischiare di perdere l'amore della madre, allora non può viverli per conto suo, in segreto, ma deve rimuoverli."

-"L'adattamento ai bisogni dei genitori conduce spesso allo sviluppo della personalità come se, ovvero a ciò che si definisce un falso Sè. L'individuo sviluppa un atteggiamento in cui si limita ad apparire come ci si aspetta che debba essere, e si identifica totalmente con i sentimenti che mostra. Il suo vero Sè non può nè formarsi nè svilupparsi, perchè non può essere vissuto. [...]E' stata lesa l'integrità del bambino, e con ciò è stato reciso l'elemento vitale, spontaneo."

-"[...]non potendo abbandonarsi a sentimenti propri e non avendone fatto esperienza, egli non conosce i suoi veri bisogni ed è al massimo grado alienato da sè stesso."

-"Come sarebbe andata se di fronte a voi ci fosse stato un bambino cattivo, rabbioso, brutto, geloso, confuso? Dove sarebbe finito in tal caso tutto il vostro amore? Eppure io ero anche tutto questo. Ciò non vorrà dire, forse, che non io sono stato amato, ma ciò che fingevo di essere? Il bambino educato, coscienzioso, capace di mettersi nei panni degli altri, comprensivo, il bambino comodo, che in fondo non era affatto un bambino? Che cosa ne è stato della mia infanzia? Non ne sono forse stato defraudato? Mai potrò recuperarla. Fin dal principio sono stato un piccolo adulto."

-"[...]non immagina di poter avanzare esigenze proprie ma si mostra sempre pronto a soddisfare quelle altrui[...]"

-" Possiamo riscontrare i seguenti elementi: 1) un falso Sè che ha condotto alla perdita del vero Sè; 2) fragilità dell'autostima, che non si radica nella sicurezza dei propri sentimenti e del proprio volere, bensì nella possibilità di realizzare il falso Sè; 3) prefezionismo; 4) negazione di sentimenti disprezzati; 5) relazioni di sfruttamento; 6) grande paura di perdere l'amore e di conseguenza grande disponibilità all'adattamento; 7) moti aggressivi scissi; 8) vulnerabilità alle offese; 9) predisposizione a sensi di vergogna e di colpa; 10) irrequietezza."

-"La depressione può essere intesa come un segnale diretto della perdita del Sè, perdita che consiste  nel negare le proprie reazioni emotive e le proprie sensazioni. Tale negazione ha avuto inizio nell'infanzia, al servizio dell'adattamento necessario alla sopravvivenza, per paura di perdere l'amore. Di conseguenza la depressione rimanda a una ferita molto precoce."

-" [...]aveva dovuto imparare a non piangere, a non avere bisogni, per far contenta sua madre." 

-"[...]significa invece ritrovare la vitalità, ossia la libertà di riuscire a vivere i sentimenti che affiorano spontaneamente. Rientra poi nella complessità della vita il fatto che questi sentimenti possano non sempre essere sereni o belli e buoni, ma comprendano l'intera gamma delle emozioni umane, e di conseguenza anche invidia, gelosia, rabbia, ribellione, disperazione, nostalgia, lutto."

-"Il diprezzo per il più piccolo e per il più debole costituisce dunque la migliore protezione contro l'emergere dei propri sentimenti di impotenza; è l'espressione della debolezza scissa. Il forte che conosce la propria debolezza perchè l'ha vissuta non ha bisogno di esibire la propria forza con il disprezzo."

-"Il disprezzo è l'arma del debole, una protezione contro certi sentimenti che alludono alla nostra storia passata."

-"Il disprezzo espresso dal soggetto può avere svariati precedenti nella sua storia passata, ma in generale la sua funzione resta la difesa dai sentimenti indesiderati. Il disprezzo può venir meno qualora i suddetti sentimenti possano essere vissuti, e così la disperazione e la vergogna per l'amore infantile non contraccambiato e soprattutto la rabbia per la mancata disponibilità dei genitori. Fin tanto che disprezziamo riusciamo a evitare di vivere il lutto per essere stati amati solo per quel che si sapeva fare. [...]Resta oggetto di disprezzo non solo il bambino piccolo, inerme, impotente, sottoposto agli altri, ma anche il bambino scomodo o difficile."

-"[...]Un'impressione diversa suscitano gli individui che da bambini erano molto superiori, sul piano intellettuale, ai loro genitori e per tale motivo sono stati da questi ammirati, ma anche lasciati soli con i loro problemi, perchè i genitori non erano alla loro altezza. Queste persone possono [...] esigere che da ogni senso d'impotenza ci si difenda con mezzi intellettuali."

-" Chi è in grado di prendere sul serio i propri sentimenti, non potrà prendersi gioco di quelli altrui, quale che sia la loro natura. Spezzerà finalmente il circolo vizioso del disprezzo."

-"Che cosa capita dunque, dal punto di vista neurobiologico, ai bambini che non hanno avuto alcuna possibilità di sviluppare la propria vita emotiva? Si può pensare che non abbiano per nulla sviluppato  il centro cerebrale che ci consente di provvedere a noi stessi e agli altri, o che lo abbiano sviluppato solo in maniera embrionale, e dunque insufficiente."

-"Tutto ciò potrebbe eventualmente aiutarci a comprendere perchè molti bambini maltrattati e trascurati, che avevano dovuto reprimere e rimuovere assai presto i loro veri sentimenti, non siano poi riusciti da adulti nè a proteggersi nè a provvedere a lo stessi; e come mai questi soggetti, che pure ottengono risultati eccellenti sul piano intellettuale, agiscano poi in senso distruttivo e irrazionale. Per agire in maniera razionale dovrebbero trovare l'accesso ai loro veri sentimenti, al loro vero Sè."


Mi rispecchio al 100% praticamente in tutti questi passaggi e in generale in tutto il libro. Non so come queste informazioni potranno essermi d'aiuto, ma sento di avere in mano gli strumenti per dipanare questo gomitolo che se ne sta attorcigliato su se stesso da anni e anni e anni...